Un viaggio nel tempo per capire perché il futuro corre a batteria
Chi immaginerebbe che il motore elettrico sia più antico di quello a benzina?
All’inizio del Novecento, il 38% delle auto circolanti era elettrico, il 40% a vapore e solo il 22% a benzina. Anche Henry Ford, pur costruendo milioni di Model T per le masse, preferiva guidare un’elegante vettura elettrica.
È partito da qui il convegno “Mobilità elettrica: passato, presente e futuro”, promosso dall’Osservatorio Allestimenti durante Key 2025 a Rimini e con la partecipazione di due tra le voci più autorevoli del CNR: Vincenzo Palermo, direttore dell’Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività, e Nicola Armaroli, scienziato e divulgatore tra i più citati a livello internazionale.
Un incontro che ha intrecciato storia e termodinamica, società e scienza, per raccontare come l’elettricità stia ridefinendo non solo la mobilità, ma il modo stesso di pensare l’energia.
Il motore elettrico che ha cambiato il motore a scoppio
Nel suo intervento, Vincenzo Palermo ha ricostruito l’affascinante parabola del motore elettrico: nato prima di quello a combustione, dimenticato per un secolo e ora tornato protagonista.
All’inizio del Novecento le auto a vapore, elettriche e a benzina convivevano. Le prime erano pulite e silenziose, le seconde rumorose e difficili da avviare, le terze più economiche e con maggiore autonomia. Fu il piccolo motore elettrico, paradossalmente, a decretare il successo del motore a scoppio: serviva ad avviarlo, eliminando la manovella e rendendolo alla portata di tutti. Da lì la storia prese una direzione ben nota. Oggi, come allora, l’innovazione tecnologica non è solo questione di efficienza, ma di cultura del cambiamento. Palermo ha mostrato come ogni rivoluzione energetica nasca da un intreccio di scelte industriali, paure collettive e abitudini difficili da scardinare.
La rivoluzione silenziosa dell’efficienza
L’intervento di Nicola Armaroli è stato un viaggio nella fisica e nella chimica.
Un’auto a combustione interna utilizza appena il 34% dell’energia contenuta nel carburante: il resto si disperde in calore. È un sistema nato in un’epoca in cui l’efficienza non era una necessità. Il motore elettrico, al contrario, trasforma quasi tutta l’energia che riceve in movimento, riducendo sprechi, rumore e emissioni. È un meccanismo lineare e pulito, in cui l’energia si sposta per flussi e non per combustioni. Per percorrere 100 km, un’auto a benzina consuma in media oltre 6 litri di carburante (circa 12 euro), mentre un’auto elettrica ne impiega l’equivalente di 16 kWh, con un costo medio tra 5 e 10 euro, a seconda del tipo di ricarica. Dopo 200.000 km, un’auto elettrica ha emesso meno della metà della CO₂ di un veicolo tradizionale, pur considerando la produzione della batteria e la ricarica.
L’energia non si brucia, si orchestra
Nel nuovo paradigma, l’elettricità non è più solo un carburante alternativo, ma una piattaforma energetica.
Le auto elettriche diventano “batterie su ruote”, integrate nella rete attraverso tecnologie vehicle-to-grid: possono restituire energia alla rete nei momenti di picco e accumularla quando la produzione rinnovabile è in eccesso. “Un milione di veicoli collegati contemporaneamente – ha ricordato Armaroli – rappresenterebbe una capacità di accumulo superiore a quella di molte centrali tradizionali.” Un sistema distribuito, dove i parcheggi diventano infrastrutture energetiche e la rete si adatta dinamicamente al comportamento delle persone. In questa visione, la mobilità elettrica non è solo un mezzo per spostarsi, ma un componente attivo del sistema elettrico nazionale.
Batterie, materie prime e verità parziali
Altro nodo cruciale è quello delle risorse: il litio, i metalli rari, il riciclo.
Secondo Armaroli le riserve mondiali di litio stimate nel 2025 ammontano a 115 milioni di tonnellate, di cui 30 milioni già sfruttabili: sufficienti a produrre 3,5 miliardi di auto elettriche, più del doppio del parco circolante globale. Le batterie di nuova generazione riducono drasticamente l’uso di cobalto e nichel, e i processi di riciclo e disassemblaggio avanzano rapidamente. “Non si tratta di estrarre per sempre”, ha sottolineato, “ma di creare una filiera chiusa: materiali che si usano, si recuperano e tornano in circolo.” È la differenza sostanziale tra economia lineare e economia circolare: la prima brucia risorse, la seconda le orchestra.
L’evoluzione come destino
La domanda che chiudeva il convegno non era “se” ma “quando” la mobilità elettrica diventerà dominante. Le risposte mostrano che la transizione potrebbe essere un ritorno alle origini — solo con strumenti più maturi.
Per l’Osservatorio Allestimenti, anche questo significa innovazione: leggere i mutamenti della società e del sapere scientifico per tradurli in cultura del progetto, consapevole che ogni evoluzione tecnologica inizia sempre da un atto di visione.